Sulle colline di Spoleto, il tempo si manifesta nella sua totale e reale essenza, il tempo non è cosi come ci hanno sempre detto cioè lineare: Passato, Presente, Futuro,in successione, ma i tre periodi sono circolari, movimento che procede secondo lo schema di corsi e ricorsi, già il filosofo Giambattista Vico lo aveva descritto nella sua opera; ogni cosa che è nel tempo è una traccia del non tempo, quindi la dimenticanza non appartiene all’UOMO, ma dimenticare è una idea entrata quasi violentemente in questa epoca, si impone con irriverenza verso chi, proprio del tempo, ne trae il nesso tra accaduto e accadimento.
La pedagogia del tempo è utile per chi, con la coscienza speculatrice, percepisce che nulla finisce e nulla è nella limbica attesa del futuro, ma in continuo divenire, continua formazione che transita dalla percezione sensoriale alla intuizione concettuale, senza la circolarità del tempo l’arte non potrebbe sussistere né ripetersi come elemento educatore.
Perché il vero tempo è nella sua totalità sulle colline?
Perché c’è un artista, Emiliano Alfonsi, che ha compreso quanto la atemporalità del fluire cronologico, fenomeno della eterna presenza, sia il perno principale di chi percepisce l’Arte e l’Artista in continua danza: “Spirale di Movimento Perpetuo”, come Emiliano riferisce. Passato e presente si sposano in un duomo dove l’eterno ORA, diviene la forza motrice della storia, radicandosi nell’animo dell’artista, esprimendo la continua reciprocità di un ARS compiuta e quindi maestra, con un Ars ad-veniente che si realizza nell’ entimema della sua produzione.
Perché entimema?
La premessa principale è l’arte fiamminga, la conclusione di questo sillogismo è: Emiliano Alfonsi “fiammingo contemporaneo” attraverso lo studio della teknè riesce a farsi portavoce di tecniche della storia dell’arte che arrivano alla scienza. Non si può sottendere la scientificità a favore dell’impulso creativo, gli stimoli e la ragione devono trovare il Delubro che ne sacralizzi l’unione.
L’ispirazione creativa è il momento del sentire che precede lo studio della realizzazione, le mani devono seguire un andamento ritmico, ma non a caso, liberi di decidere quale note cromatiche utilizzare, ma seguire sempre uno schema scientifico, ed è, appunto, il caso di Emiliano, il quale non rompe quei cardini necessari ma riesce liberamente ad accostarli alla logica temporale, passato e presente si incontrano senza cadere in conflitti dialettici, ecco perché è necessario che l’artista diventi il sacro delubro ove celebrare l’apoteosi del compimento che è sempre anticipatore di qualcosa che sta per arrivare. Egli è riuscito ad apprendere il concetto dell’arte fiamminga e riportarlo nella dimensione di questo secolo, è, pertanto, un linguaggio intriso di simbologia esoterica che ne esalta i particolari, il segreto è proprio saper cogliere la sua pedagogia, il suo elevarsi a maestro di sé stesso educando l’allievo che in lui continua a essere l’elemento di curiosità e di esplorazione.
Prendendo in esame l’opera raffigurata nella foto soprastante, “Le sette grazie”, notiamo aspetti che si pongono in primo piano alla immagine, quasi una prolusione di ciò che rappresenta ovvero: UNUM EX PLURIBUS percettivo. Uno dei simboli che spicca è la Melagrana, archetipo di fratellanza, fecondità, abbondanza, la melagrana è un frutto ricco di valenze simboliche religiose ed esoteriche. Nella Bibbia viene citato come uno dei motivi scelti dall'architetto Hiram per decorare i capitelli delle colonne esterne del tempio di Salomone a Gerusalemme. E’ il segno della benedizione di Ha-Shem (D-O), il melograno decora le vesti del sommo sacerdote:«Farai sul suo lembo melagrane di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto, intorno al suo lembo, e in mezzo disporrai sonagli d'oro: un sonaglio d'oro e una melagrana, un sonaglio d'oro e una melagrana intorno all'orlo inferiore del manto» (Esodo 28,33-34). Il libro del Siracide, invece, ricorda la gloria sacerdotale che Ha-Shem (D-O) conferisce ad Aronne: «Lo avvolse con melagrane e numerosi campanelli d'oro all'intorno» (Siracide 45,9). Il melograno adorna, pure, i capitelli del Tempio indicando la benedizione che scaturisce dall'alleanza con il Signore. Il re Salomone: «Fece dunque le colonne e due file intorno a ciascun reticolo per rivestire i capitelli che erano sulla cima, a forma di melagrane, e così fece per il secondo capitello. I capitelli sulle due colonne si innalzavano da dietro la concavità al di là del reticolo e vi erano duecento melagrane in file intorno a ogni capitello» ( 1 Re 7, 18.20; cfr. Geremia 52,22).
Il melograno raggiunge una grande carica simbolica nel libro biblico Cantico dei Cantici, canto di Amore sublime, dove è simbolo dell'amore fecondo e dell'intensa relazione tra l'amato e l'amata. La bellezza dell'amata, piena vitalità, è descritta dalla melagrana: «come spicchio di melagrana è la tua tempia dietro il tuo velo» (Cantico dei Cantici 4,3; 6,7). Lo sposo che cerca la sposa e si incammina per vedere se nel giardino sono sorti i germogli (6,11). L'amato scorge nel melograno, il simbolo del fascino dell'amore, e che la sua amata è sposa feconda, portatrice di felicità, i due diventano un unico elemento dove la geografica fisica è il punto luce verso l’ A-more (A-Mors, non morte):
לי ודוד י לדוד י אנ י
Anì ledodì wedodi li
Io sono per il mio amato ed il mio amato per me.
Ecco dunque il sacro che si rivela tra l’arte (La Sposa) e Emiliano (lo sposo), i due nel continuo cercarsi diventano l’uno la musa dell’altra assorbendone tutti i contenuti psichici che entrano nelle vene misturandosi con il sangue primordiale.
E ancora, il Cuore Cristico, rappresentazione di vita, di capacità che si sviluppa attraverso il percepirsi come Ente Universale, simbolo del superamento delle prove,”Grazia” dono che si accoglie per mezzo del sentimento e della ragione, è altresì il sacralizzare un apprendimento metodologico, e quindi la capacità di trasformarsi ontologicamente, il piano Cromatico diventa Suono, quella “Veste incandescente che diventa fuoco d’Amore” (ALDA MERINI), Malkut (Regno della Materia, IO fisico) diviene cosciente della divinità intrinseca e inscindibile dal Sé(Coscienza Animica). E si conclude con i versi meriniani, encomio allo Spazio, essenza di Emiliano Alfonsi , luogo sconfinato e teurgico del suo agire per diffondere la bellezza.
Spazio
Spazio spazio, io voglio, tanto spazio
per dolcissima muovermi ferita:
voglio spazio per cantare crescere
errare e saltare il fosso
della divina sapienza.
Spazio datemi spazio
ch'io lanci un urlo inumano,
quell'urlo di silenzio negli anni
che ho toccato con mano.
Bartolomeo Di Giovanni
Comments