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E se la madre di Gesù fosse una schiava?



Un articolo apparso di recente ha destato sconcerto riportando l’ipotesi di alcuni studiosi secondo cui la Vergine Maria non sarebbe stata la moglie di Giuseppe, bensì una sua schiava.


Secondo il professor Mitzi J. Smith, docente di Nuovo Testamento al Columbia Theological Seminary, e di studi di genere all’Università del Sudafrica, nel Vangelo di Luca ci sarebbe un indizio del fatto che Maria fosse davvero una schiava.


Ecco perché potrebbe essere proprio così. Nell’incontro con l’angelo Gabriele, Maria dice di essere una “doule”, parola greca che indica una donna ridotta in schiavitù (Luca 1:38). Scrive Smith: “Se si trattasse di un qualsiasi altro testo antico scritto in greco, ne dedurremmo che Maria era una schiava. Un qualsiasi lettore del primo secolo, a prescindere dall’etnia, dalla cultura e dalla religione, che vivesse nell’Impero Romano (una società schiavista, dove una significativa percentuale della popolazione viveva in schiavitù, e un impero che si basava sul lavoro compiuto dagli schiavi), avrebbe preso sul serio l’autoidentificazione di Maria come schiava: una dichiarazione della sua realtà vissuta e concreta, e non una semplice metafora. E anche noi dovremmo leggerla così”.


Continua il professor Smith: “Il problema non è tanto il modo in cui le traduzioni inglesi (o altre traduzioni moderne) rendono il greco. La New Revised Standard Version, per esempio, traduce così: ‘Eccomi, sono la serva del Signore; sia fatto di me secondo la tua parola’”. Il problema, secondo Smith, è che i traduttori che si avvicinano al testo lo fanno sulla base di tutta una serie di preconcetti culturali relativamente moderni. Basti pensare al maschile del termine “doule”, ovvero “doulos”, che nelle traduzioni del Vangelo di Luca viene coerentemente reso con “schiavo”.


Questo problema di traduzione va oltre la questione linguistica. Come hanno fatto notare Clarice Martin, Smith e altri, i traduttori intendono “doulos” come “persona ridotta in schiavitù” quasi ovunque nel Nuovo Testamento; le eccezioni sono i casi in cui il termine si riferisce a qualcuno che le nostre teologie considerano importante (per esempio Maria, Mosè, l’apostolo Paolo, i discepoli), o qualcuno con cui i cristiani si identificano (in generale, i seguaci di Gesù). Scrive Clarice Martin: “Tradurre ‘doulos’ con ‘servo’ minimizza il forte peso psicologico dell’istituzione della schiavitù”. Alterare la condizione sociale di Maria non è affatto un gesto emancipatorio, anzi, oscura la realtà della vita dei popoli antichi.


Ecco perché questo articolo e queste idee hanno creato sconcerto in molti evangelici e cattolici, a cui non piace l’idea che l’eroina della loro fede – la Madre di Gesù – venga qualificata come schiava, soprattutto perché, nel mondo antico, i figli delle schiave erano anch’essi schiavi. Questo significa che non solo Maria era una schiava, ma lo era anche Gesù.


Sebbene questo nuovo punto di vista mette in crisi molte cose che diamo per scontate su Gesù e la sua famiglia, in realtà non dovrebbe sconvolgerci.


L’apostolo Paolo conferma tutto questo nella Lettera ai Filippesi, in cui ci raccomanda di emulare l’esempio di Cristo, che non solo assunse forma umana, “ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo [letteralmente, “schiavo”] e divenendo simile agli uomini” (Filippesi 2:7).


Quindi, soffermiamoci un momento a prendere in considerazione l’idea che Gesù e Maria fossero schiavi di Giuseppe. Questo spiegherebbe molte cose dei primi anni di Gesù; per esempio, gli schiavi non potevano venire affrancati prima dei trent’anni di età, secondo un decreto dell’imperatore Augusto risalente al 4 d.C.; questo spiegherebbe il silenzio delle Scritture sui primi trent’anni della sua vita, e il fatto che abbia atteso quell’età per iniziare il suo ministero.


Inoltre, pensare a Gesù come a un ex schiavo ci fa comprendere meglio la sua compassione verso gli ultimi; non vi pare? Ci apre uno spiraglio sulla realtà quotidiana di molta gente vissuta in quel periodo storico, subordinati o veri e propri schiavi dei loro padroni romani (e qualche volta ebrei).


La schiavitù era cosa comunissima; le donne venivano spesso schiavizzate da uomini più anziani, e quasi tutti o erano schiavi o padroni di schiavi, oppure conoscevano uno schiavo.


Dunque, come dobbiamo leggere il testo che ci dice che Maria era “promessa” a Giuseppe? Non è forse la prova che fosse sua moglie, e non una sua schiava? Be’, non esattamente.


Vedete, il matrimonio, nel mondo antico, in verità non era poi così diverso dalla schiavitù. La parola tradotta con “moglie” in realtà significa semplicemente “donna”, e la parola per “matrimonio”, nella Bibbia, corrisponde al verbo “prendere”. Perciò, quando leggiamo le nostre traduzioni delle Scritture e ci imbattiamo in un versetto che recita più o meno “Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie”, in realtà c’è scritto che abbandonerà la sua famiglia per unirsi alla sua “donna”.


I riferimenti al “matrimonio”, nell’Antico Testamento, parlano tutti di uomini (o dei loro padri) che “prendono una donna” con lo scopo di procreare; da nessuna parte troviamo una donna che “prende” un uomo perché sia suo marito. Infatti, secondo l’Antico Testamento, l’accordo matrimoniale era sempre un contratto tra due uomini: il padre dell’uomo e il padre della donna che doveva essere presa dall’uomo.


Il matrimonio non era nulla di sacro o di santo. Non era officiato da un sacerdote, e non si svolgeva in un tempio. Era una transazione che possiamo paragonare, più di ogni altra cosa, all’acquisto di un veicolo usato dal vostro vicino di casa. Infatti, la Chiesa cristiana ha fatto del matrimonio uno dei sacramenti solamente nel XVI secolo; prima di allora, esso era un contratto assolutamente laico.


Perciò, che Maria fosse stata schiava o moglie legale di Giuseppe, avrebbe fatto pochissima differenza per la qualità della sua vita. Le donne sposate erano in tutto e per tutto schiave dei loro mariti, i quali potevano di punto in bianco divorziare da loro e buttarle in mezzo a una strada. Le donne non avevano alcun potere all’interno di un matrimonio.


Ecco perché, tra l’altro, Gesù ha scioccato persino i suoi discepoli quando, nel Vangelo di Matteo, afferma che L'UNICA ragione per divorziare dalla propria moglie è l’adulterio. Perché era un’affermazione scioccante? Perché voleva dire che il potere di rompere il patto matrimoniale era praticamente in mano alle donne, non agli uomini; a meno che, naturalmente, l’uomo volesse commettere adulterio, sopportando poi la vergogna che si accompagnava a quel peccato. Perciò, secondo Gesù, era la donna ad avere il potere di rompere il matrimonio, e questo significava dare loro valore e mettere fine agli abusi che subivano da parte dei mariti, che in ogni momento potevano brandire la minaccia del divorzio.


Come sappiamo che è proprio così? Per via della reazione dei suoi discepoli quando lo apprendono: “Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi”. La loro risposta tradisce il fatto che avevano ben capito ciò che Gesù stava dicendo: Dovete rimanere sposati fino a che vostra moglie deciderà di aver trovato un marito migliore. Questa idea li fa esclamare “Allora, perché sposarsi?”, a cui Gesù in pratica risponde “Avete ragione! Infatti, forse dovreste considerare l’alternativa di diventare eunuchi per il Regno di Dio e rinunciare completamente al matrimonio” (Matteo 19:11-12).


E certamente la condizione di schiavitù di Maria aveva un grande significato per chi, nel primo secolo, possedeva schiavi o era uno schiavo: non si sarebbero certo scioccati nell’apprendere che Gesù era nato schiavo, o che sua madre era schiava, in quanto la schiavitù era comunissima. E se Gesù era nato schiavo, e aveva atteso di avere trent’anni e di essere affrancato per iniziare il suo ministero, i suoi detti del Discorso della Montagna sono ancora più pregni di autorevolezza e potenza, in particolare “Beati i miti, perché erediteranno la terra” e “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” [Matteo 5:3.5].


Immaginate un ex schiavo in piedi di fronte alla folla che proclama la libertà per gli oppressi, la salvezza per i poveri, benedizioni per gli schiavi, e il favore di Dio per chi vive ai margini della società. Se non altro, la condizione di ex schiavo avrebbe dato un peso e un potere tremendi alle sue parole, e chi lo ascoltava lo avrebbe accettato come uno dei loro, non come un uomo libero e privilegiato che non aveva nessuna idea della dura realtà della vita.


Se Maria era la schiava di Giuseppe, questi forse aveva altre schiave, e altre mogli. Non c’è ragione di pensare che Maria fosse l’unica. Forse i fratelli e le sorelle di Gesù menzionati nei Vangeli erano i figli liberi di Giuseppe? Questo potrebbe spiegare il fatto che Giacomo, il fratello di Gesù, non è presente alla crocifissione, e non prende Maria sotto le sue cure, come un vero figlio avrebbe dovuto fare alla morte del fratello maggiore. E spiegherebbe anch il motivo per cui Gesù dice al discepolo amato “Ecco tua madre”, e a Maria “Ecco tuo figlio”: non c’erano altri figli che potessero prendersi cura di lei; e questo forse indica anche che il discepolo senza nome ha preso Maria come schiava in casa sua.


Anche se non dovesse essere vero, si tratta comunque di idee e concetti che vanno presi in considerazione. Non dovremmo sentirci offesi all’idea che Maria era una schiava non in senso metaforico ma reale, o che Gesù, prima di compiere trent’anni, fosse anche lui uno schiavo. Se non altro, quest’idea rende tali concetti più potenti, più veri, e detto sinceramente, più credibili.


Voi cosa ne pensate?

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