Dagli Atti degli Apostoli (1,1-11)
Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».
Walter Bonatti (1930/2011) è stato uno scalatore leggendario, un giornalista avventuroso e fotografo eccezionale. Negli anni '50 e' 60 ha compiuto imprese di alpinismo estremo; e nel 1965 ha chiuso la propria carriera aprendo in arrampicata una nuova via in solitaria invernale sulla parete nord del Cervino. In seguito ha lavorato in qualità di Inviato speciale per il settimanale "Epoca" viaggiando ed esplorando sempre in solitaria gli angoli più remoti del pianeta. Da tutte le sue avventure ha tenuto conferenze e scritto libri.
Prendo spunto da una parte del suo racconto sulla scalata in solitaria nel 1955 dell'Aiguilles du Dru: cima situata nella parte settentrionale del massiccio roccioso del Monte Bianco.
L’azione mi ha portato a sognare, a temere, a esaltarmi; ed era ancora l’azione il più delle volte che scaturiva dal sogno e dalla mia sensibilità. Che io sia un sognatore è fuori di dubbio: le mie imprese hanno cominciato a esistere nel momento stesso in cui prendevano forma nella mia mente. Tradurle nella realtà non è stato che un seguito logico di quella prima scintille, di quella prima invenzione. Quando ho immaginato di poter scalare da solo il Pilastro del Dru, mi trovavo in un particolare momento, in uno stato d’animo quasi irreale dove tutto può apparire possibile e normale. L’avere poi materializzato questa scalata su soltanto una conseguenza naturale e scontata, sicuramente non più valida che l’averla ideata. È quando sogni che concepisci cose straordinarie, è quando credi che crei veramente, ed è soltanto allora che la tua anima supera le barriere del possibile. Questo l’ho sempre creduto profondamente (…) C’è chi per ignavia non sa vedere nell’alpinismo che un mezzo per fuggire la realtà dei giorni nostri. Ma non è giusto. Non escludo che in chi lo pratica possa manifestarsi temporaneamente una qualche componente di fuga, questa però non dovrà prevaricare mai la ragione di base, che non è quella di fuggire ma di raggiungere.
(Tratto dal libro: Walter Bonatti, Montagne di una vita, BUR Rizzoli. Milano 2015, pp. 8-9)
Articolo scritto da Sara Bonfanti
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